mercoledì 12 dicembre 2007
Marketing multilevel il ratto delle coscienze
Si sa che nel triste mercato del lavoro odierno esistono trappole, sfruttamenti e inique artefazioni, ma una su tutte fonda le sue basi sull'inconscio e la psicologia interpersonale, il marketing multilevel. Nato negli Stati Uniti all'incirca 50 anni fa, si è diffuso anche nella nostra cultura e sistema di lavoro, come innovativo metodo di guadagno, dagli orizzonti immensamente proficui. Non sto a spiegare i vari metodi di applicazione del sistema multilevel o piramidale che dir si voglia, quello che mi interessa far notare è l'incredibile stato di narcosi emotiva in cui cadono gli adepti attratti nella rete di questo sistema. Ho visto amici cambiare completamente personalità e carattere, annullare ogni residuo di vita sociale, sacrificandolo (loro non lo capiscono però) alla causa del successo e inseguendo il sogno di diventare un futuro Donald Trump o Bill Gates. I loro discorsi trascendono il comune senso della realtà identificando la massa che non li segue come semplici falliti che non hanno il coraggio di avere successo. Se critichi la loro, io la chiamo "setta", ti tacciano di mancare di umiltà e di non voler aprire la mente a un futuro di gioia e chissà che altro di meraviglioso. Ho notato che questo sistema direi liberamente e apertamente di "plagio" abbraccia molti settori al di fuori del semplice commercio di prodotti, specialmente religioni, sette e senza fare riferimenti il metodo si applica bene anche a certa politica "emozional-marketing-targeting". Ritornando a parlare degli adepti, il loro stato è penoso, partecipano di continuo a riunioni, in cui musiche stordenti, immagini di isole tropicali meravigliose, di macchine extra lusso la fanno da padrone. Si susseguono nella sala mano a mano che si vanno presentando i vari manager che espongono i grafici dei loro mega guadagni, grida di commozione, applausi scroscianti fino all'esaltazione e allo stordimento. La cosa che mi lascia alquanto perplesso è che in realtà loro cercano non tanto di vendere dei prodotti, ma mirano ad ingrandire la rete di vendita, trascinando principalmente amici, parenti e conoscenti, nel gorgo, il guadagno nella pratica si fonda sulle quote associative o fee d'ingresso dei nuovi soci. Altro aspetto del fenomeno è la natura ingannevole ed ermetica dell'esposizione del business, nessuno ti spiega di che cosa si tratta, sei solitamente invitato a una qualche riunione, da individui che ostentano macchine e vestiti di pregio, in modo da farti credere inconsciamente che loro c'è l'hanno fatta, ma la realtà è che gli serve altra legna da far ardere nel calderone di un meccanismo "diabolico", si questa è proprio la parola giusta. L'arma per difenderci e difendere quelli a cui teniamo è di imparare realmente a pensare con la nostra mente e ad osservare e valutare le cose più profondamente, eviteremo cosi di infangarci in melmosi trabocchetti. Qualcuno disse "Dai frutti si conoscono gli alberi" aggiungerei che oggi anche un frutto può essere sofisticato ed apparire per quello che non è, potrebbe avere un'ottimo aspetto e un buon sapore ma potrebbe risultare impossibile digerirlo.
giovedì 8 novembre 2007
Aspettative pessimistiche. Effetto Pigmalione, la vita che ci creiamo a volte inconsapevolmente.
Pigmalione, re di Cipro, era famoso per la sua abilità di scultore. Egli era così devoto a quest'arte a tal punto, da rinunciare al matrimonio, anche perché secondo lui, nessuna donna poteva eguagliare in bellezza le forme femminili che egli stesso era capace di modellare. C'era in particolare una statua d'avorio alla quale egli aveva lavorato così a lungo e così appassionatamente da innamorarsene perdutamente, gli diede nome Galatea. Pigmalione era disposto a dare tutto ciò che possedeva per vedere la statua animarsi, la ritoccava ogni giorno per renderla sempre più perfetta, e la notte gli giaceva accanto, con la speranza di vederla mutare in carne ed ossa. Galatea era il nome che egli aveva dato alla statua, l'ornava di preziosi tessuti e di gioielli, ma nonostante questo l'immagine rimaneva immagine. Chiese quindi a Venere di concedergli una sposa altrettanto bella e la dea esaudii la sua richiesta animando la statua stessa.
L'effetto Pigmalione, si basa su un concetto: l'idea che una persona ha di un'altra si trasmette a questa, anche se non viene formulata verbalmente. La forza e la qualità delle aspettative che nutriamo verso un'altra persona è in grado di influenzare il suo comportamento: gli psicologi definiscono questo fenomeno come "l'avverarsi della profezia".
La spiegazione in ambito psicologico di quello che Robert Rosenthal ha chiamato, appunto, effetto Pigmalione, è che le nostre aspettative possono influenzare in maniera radicale le nostre relazioni e le performance che possiamo ottenere dagli altri e non sempre purtroppo in maniera positiva.
Questo può spiegare anche perché alcune persone sembrano particolarmente sfortunate nei rapporti con gli altri: incontrano colleghi ipocriti, amici inaffidabili, partner egoisti, eccetera eccetera.
In realtà, vengono trattati come si aspettano di esserlo.
Chi si aspetta di essere tradito, mette in campo una serie di strategie che portano la dinamica relazionale proprio nella direzione che si vorrebbe evitare. In questo senso, la "profezia" del tradimento si "autorealizza".
Attenzione, quindi, al tipo di aspettative che costruiamo dentro la nostra mente, perché, che ne siamo consapevoli o meno, la nostra mente tenderà a fare in modo che queste stesse aspettative si realizzino.
martedì 30 ottobre 2007
Vivi come se dovessi morire domani. No grazie.
La ricerca di soluzioni mitologiche, al fine di mitigare il senso di sofferenza, la paura angosciosa e l'imprevedibilità e inevitabilità della morte, hanno accompagnato l'uomo dall'inizio dei tempi. Con la trascrizione di biografie collettive e personali, di eventi storici, in parte si è superato il limite della fine biologica, soddisfacendo l'esigenza della permanenza nel modo dei vivi in continuità storica, ma la paura e l'angoscia sono sempre apparsi ostacoli invalicabili.
La difficoltà di affrontare questi sentimenti ha creato un intreccio sistema di elaborazione dell'idea della morte e del morire specialmente nel mondo occidentale, questa paura ed imprevedibilità della morte ha generato negli individui e negli aggregati sociali, un impegno ad escogitare sistemi per sfuggire alla minaccia della propria scomparsa e al disfacimento del proprio gruppo di appartenenza. Sistemi quali il lutto e le dinamiche di cordoglio legate al significato dell'esistenza e all'aldilà con annessi e connessi religiosi, soprattutto nati nel periodo dell'età feudale-contadina.
Una trasformazione importante nel concetto di morte è avvenuta quando sono entrati in contrasto il vecchio concetto di morte naturale e il pensiero illuminista e la filosofia positivista che chiedevano argomenti più razionali per la spiegazione dei cambiamenti che accompagnano l'invecchiamento, la malattia e le alterazioni irreversibili della vita umana.
Di fronte, infatti, all'affermarsi della razionalità e di aspetti più concreti della morte e alla contemporanea scomparsa di miti e riti, all'assenza di codici e tradizioni, l'Occidente si è trovato privo dei riferimenti culturali che servivano se non a spiegare, almeno ad esorcizzare ed accettare la morte e ha trovato rifugio in meccanismi di negazione, spostamento e rimozione, considerati tra le cause più frequenti di manifestazioni nevrotiche e di personalità conflittuali.
Così accanto alla ricerca inquieta di risposte rassicuranti sulla possibilità di spostare i confini tra vita e morte, riposa ancora la grande incertezza sulla definizione di morte e, come tentativo di allontanare la minaccia rappresentata dalla certezza del limite, si assiste all'imporsi di filosofie "metropolitane", nella quale gli elementi di riflessione non sono più la paura della morte, intesa come "la fine", e del morire, visto come condizione di angoscia esistenziale, ma il timore di non esserci più alle cose del mondo: la paura di "non vivere", come ansia della perdita di oggetti di culto e di status, la paura di non usufruire a pieno del proprio tempo.
Si vive come dei condannati a morte con l'ansia di essere giustiziati da un momento all'altro, una frenetica rincorsa a tutto ciò che si può avere prima di non essere più in grado di averlo.
mercoledì 24 ottobre 2007
Vivi libero, combatti la paura. Il terrorismo mediatico non risparmia nessuno.
Assistiamo quotidianamente al continuo bombardamento dei mass media inerente ogni sorta di pericolo esistente;
minacce terroristiche, criminalità, disastri, pandemie e quant'altro possa turbare il quieto vivere è costantemente posto in primo piano. La ripetizione costante della tesi che viviamo in un mondo irto di pericoli, corroborata dalla somministrazione di immagini e racconti dettagliati di atroci avvenimenti, creano un'insicurezza viscerale nella società moderna, il pericolo e la minaccia diventano elementi con il quale si deve convivere e questo di conseguenza è il tipo di educazione che si impartisce alle giovani masse, si insegna a tollerare la paura come qualcosa che non può essere evitata a cui abituarsi, si creano futuri usufruitori di benzodiazepine e similari.
La violenza che traspare dai media non rispetta nessuna deontologia professionale, si parla di regole ed etica dei programmi, ma a dosi variabili, non viene risparmiato nessuno, perchè così si soddisfa il bisogno morboso del pubblico, solleticando il gusto del perverso e vaccinando la mente all'orrido, soprattutto a scopo di intrattenimento e famigerata audience, il mercato delle sensazioni ingrassa i profitti pubblicitari, in prima o seconda serata si tollera la ricostruzione di un massacro nei minimi dettagli, si grida invece allo scandalo se scappa una bestemmia o si vede un rapporto sessuale completo. Etica a convenienza.
La paura, un sentimento atavico che gestisce il nostro modo di vivere è odiernamente sfruttata per vari scopi, si parla di "strategia della tensione" quando per mezzo di atti terroristici si cerca di fare leva sull'insicurezza della gente per direzionare e orientare il consenso politico o condizionare e influenzare l'opinione pubblica su scelte importanti;
la paura è anche un business proficuo, il mercato della sicurezza è un settore florido: guardie del corpo, vigilantes, investigatori privati, casseforti e sofisticati sistemi di allarme sono diventati una spesa quasi prioritaria. Paura dei furti, ma anche di essere traditi, spiati, aggrediti, l'insicurezza sociale non risparmia neanche i rapporti interpersonali. La dimensione di questo fenomeno, di questa abnorme percezione del pericolo, è estesa a livello globale. Dalla fine della 2a guerra mondiale il mondo è stato sempre col fiato sospeso inizialmente e in particolar modo a causa della guerra fredda e del pericolo nucleare, dall'11 settembre in poi invece, la minaccia di attacchi terroristici da parte di organismi internazionali inafferrabili e pervasivi, la paura di minacce chimiche batteriologiche e nucleari ha preso il sopravvento, ed è stato instaurato uno stato di guerra psicologica collettiva contro presunti nemici sfuggenti, crudeli e "mimetizzati" da comuni innocui cittadini.
Per la prima volta nella storia, oggi non solo veniamo avvertiti che dobbiamo avere paura, ma ci
viene detto persino quanto impauriti dobbiamo essere (allarme rosso, arancione e giallo),
questo incessante ricorso alla retorica del terrore, della violenza e del pericolo, blocca il pensiero
e toglie il potere di distinguere la verità dalle menzogne e di discernere fra i pericoli reali e quelli che ci vengono propinati per tutt'altri scopi.
Viviamo in una società spaventata, che di conseguenza sta perdendo la generosità, l'umanità, la decenza e anche la capacità di controllare i propri istinti primordiali costantemente solleticati da oscuri fantasmi e pericoli agghiaccianti.
Quanto tempo ci vorrà fino a che muri di cinta non saranno alzati intorno ad ogni casa, ogni città, ogni nazione, fino a quando durerà questa regressione psicologica che porta dritta la società ad una mediocrità feroce.
minacce terroristiche, criminalità, disastri, pandemie e quant'altro possa turbare il quieto vivere è costantemente posto in primo piano. La ripetizione costante della tesi che viviamo in un mondo irto di pericoli, corroborata dalla somministrazione di immagini e racconti dettagliati di atroci avvenimenti, creano un'insicurezza viscerale nella società moderna, il pericolo e la minaccia diventano elementi con il quale si deve convivere e questo di conseguenza è il tipo di educazione che si impartisce alle giovani masse, si insegna a tollerare la paura come qualcosa che non può essere evitata a cui abituarsi, si creano futuri usufruitori di benzodiazepine e similari.
La violenza che traspare dai media non rispetta nessuna deontologia professionale, si parla di regole ed etica dei programmi, ma a dosi variabili, non viene risparmiato nessuno, perchè così si soddisfa il bisogno morboso del pubblico, solleticando il gusto del perverso e vaccinando la mente all'orrido, soprattutto a scopo di intrattenimento e famigerata audience, il mercato delle sensazioni ingrassa i profitti pubblicitari, in prima o seconda serata si tollera la ricostruzione di un massacro nei minimi dettagli, si grida invece allo scandalo se scappa una bestemmia o si vede un rapporto sessuale completo. Etica a convenienza.
La paura, un sentimento atavico che gestisce il nostro modo di vivere è odiernamente sfruttata per vari scopi, si parla di "strategia della tensione" quando per mezzo di atti terroristici si cerca di fare leva sull'insicurezza della gente per direzionare e orientare il consenso politico o condizionare e influenzare l'opinione pubblica su scelte importanti;
la paura è anche un business proficuo, il mercato della sicurezza è un settore florido: guardie del corpo, vigilantes, investigatori privati, casseforti e sofisticati sistemi di allarme sono diventati una spesa quasi prioritaria. Paura dei furti, ma anche di essere traditi, spiati, aggrediti, l'insicurezza sociale non risparmia neanche i rapporti interpersonali. La dimensione di questo fenomeno, di questa abnorme percezione del pericolo, è estesa a livello globale. Dalla fine della 2a guerra mondiale il mondo è stato sempre col fiato sospeso inizialmente e in particolar modo a causa della guerra fredda e del pericolo nucleare, dall'11 settembre in poi invece, la minaccia di attacchi terroristici da parte di organismi internazionali inafferrabili e pervasivi, la paura di minacce chimiche batteriologiche e nucleari ha preso il sopravvento, ed è stato instaurato uno stato di guerra psicologica collettiva contro presunti nemici sfuggenti, crudeli e "mimetizzati" da comuni innocui cittadini.
Per la prima volta nella storia, oggi non solo veniamo avvertiti che dobbiamo avere paura, ma ci
viene detto persino quanto impauriti dobbiamo essere (allarme rosso, arancione e giallo),
questo incessante ricorso alla retorica del terrore, della violenza e del pericolo, blocca il pensiero
e toglie il potere di distinguere la verità dalle menzogne e di discernere fra i pericoli reali e quelli che ci vengono propinati per tutt'altri scopi.
Viviamo in una società spaventata, che di conseguenza sta perdendo la generosità, l'umanità, la decenza e anche la capacità di controllare i propri istinti primordiali costantemente solleticati da oscuri fantasmi e pericoli agghiaccianti.
Quanto tempo ci vorrà fino a che muri di cinta non saranno alzati intorno ad ogni casa, ogni città, ogni nazione, fino a quando durerà questa regressione psicologica che porta dritta la società ad una mediocrità feroce.
martedì 16 ottobre 2007
Il petrolio un problema rivoluzionario
Bisogna dire che la vera rivoluzione sociale e la prosperità economica del xx secolo sono dovute in gran parte all'utilizzo del petrolio come risorsa energetica, una fonte di energia tutto sommato efficiente, a basso costo e versatile, ma purtroppo oggi primitiva e direi nefasta.
Il petrolio aldilà del fatto che correntemente viene utilizzato per circa il 40% come fonte di energia primaria e circa per il 90% come energia impiegata nei trasporti, è anche la materia base per le più svariate produzioni chimico industriali, in particolare nei fertilizzanti per l'agricoltura, nonché plastiche, colle, vernici, lubrificanti, detersivi, e via dicendo.
Qui entra in gioco la teoria del picco di Hubbert, nel 1956 Marion King Hubbert un geofisico americano, formulò una teoria riguardante l'evoluzione temporale della produzione di una qualsiasi risorsa minerale o fonte fossile esauribile o fisicamente limitata. Questa teoria applicata ai tassi di produzione petrolifera ci indica con preoccupazione il periodo in cui la stessa diminuirà in modo significativo.
Negli anni ’60, Hubbert stesso aveva previsto il picco degli Stati Uniti per il 1970. A quel tempo, era stato accusato di essere un folle visionario; ma i suoi detrattori devono essere rimasti molto sorpresi quando hanno visto la sua predizione realizzarsi. In tempi più recenti, un picco è stato osservato per la produzione di petrolio nell’Unione Sovietica nel 1990 e un altro per la produzione di petrolio del mare del Nord nel 1999.
Per quanto riguarda la produzione mondiale di petrolio secondo gli studi di geologi internazionali sulla teoria di hubbert il picco è stato stimato intorno al primo decennio del 21° secolo, altri più ottimisti stimano il picco verso il 2030, Tutti quelli che hanno ragionato su questo argomento hanno sostenuto che al picco ci possiamo aspettare un rapido aumento dei prezzi del petrolio come pure una fase di instabilità geopolitica. Entrambe le condizioni sono soddisfatte al momento attuale, per cui più di un autore è del parere che potremmo essere molto vicini al picco o addirittura averlo già passato.
Appare chiaro come il problema di trovare dei sostituti del petrolio, comporti una rivoluzione di ordine tecnologico e politico immensa, lo sforzo per coprire tutti i settori di utilizzo attuali con nuove risorse sostitutive potrebbe portare a cambiamenti radicali per la società umana.
Tuttavia il primo problema che potrebbe sorgere è dovuto al probabile utilizzo di altre fonti di energia quali i combustibili fossili (principalmente gas naturale e carbone) o l'energia nucleare come sostitutivi del petrolio ciò sarebbe un pericoloso errore, puntare invece sulle fonti rinnovabili, renderebbe la transizione una cosa positiva riducendo, fra le altre cose, la quantità di gas serra emessa nell’atmosfera e allontanando il rischio del riscaldamento globale. Sulla terra c'è un'enorme quantità di energia pulita che aspetta di essere utilizzata.
E’ interessante notare, come tutte le sorgenti di energia non rinnovabili sono soggette al ciclo di Hubbert. Rimpiazzare il petrolio con carbone oppure con uranio non risolverebbe il problema dell'esaurimento delle scorte. Al contrario, le fonti rinnovabili hanno un comportamento completamente diverso: la produzione diventa ciclica, se dovessimo fare un grafico osserveremmo una curva a "S" a differenza del picco del grafico di Hubbert.
Questo tipo di comportamento “non-Hubbert” è più simile all’economia agricola che a quella industriale alla quale siamo abituati, in pratica rinnovamento e riciclo naturale.
Sarebbe un cambiamento veramente radicale.
Chiunque voglia approfondire la conoscenza di questa teoria c'è un film molto conosciuto nei circuiti esteri che ne parla The end of Suburbia come al solito difficile da vedere in Italia.
lunedì 15 ottobre 2007
Orizzonti nefasti - breve considerazione sul problema del cambiamento climatico
E' di questi giorni la notizia dell'assegnazione del nobel per la pace ad Al Gore, per il suo film documentario sugli effetti e cause del riscaldamento globale terrestre e per l'impegno dimostrato in questo campo. Come accade spesso nei casi di divulgazione pseudoscientifica, non sono mancati attacchi critici contro Al Gore e la sua chiamiamola "interpretazione" del problema inquinamento, primi tra tutti, quelli del movimento di LaRouche che lo accusano a vario titolo di esercitare una truffa informativa a danno dell'opinione pubblica, notizie riportate e leggibili sul sito www.larouchepub.com.
Facendo questa premessa, volevo arrivare al punto di mettere in evidenza, che benchè si critichi il lavoro di Al Gore bollandolo come inesatto, allarmistico o ipocrita, di certo non si può ignorare che ha il merito di scuotere le coscienze e farci fermare a pensare per un attimo ed analizzare quello che realmente sta accadendo, anche solo per smentire o provare le teorie del film.
Interessanti informazioni sulla diversità di vedute del cambiamento del clima si possono visionare sul sito di Athenet
http://www.unipi.it/athenet1-14/11/dossier/index.html dove vi è un resoconto del meeting del 2004 a San Rossore, si possono leggere gli interventi de “Lo scettico” Richard Lindzen e “l'allarmista” Robert Watson i due sono i principali rappresentanti di due culture scientifiche che si fronteggiano senza esclusione di colpi sull'argomento del cambiamento climatico.
Ma una cosa più di tutte mi ha colpito tra le notizie trovate in rete, ed è il rapporto segreto censurato dai responsabili della difesa in Usa e ottenuto dall'Observer, il quale dice che i cambiamenti climatici dei prossimi 20 anni potrebbero portare a una catastrofe mondiale, con milioni di vittime, guerre e disastri, che ci saranno possibili sollevamenti popolari e guerre nucleari; la Gran Bretagna si avvia verso un clima "siberiano" in meno di 20 anni; in pratica si mette in evidenza che la minaccia ecologica per il mondo è prioritaria e più pericolosa del terrorismo.
Dietro la commissione dello studio c'è una leggenda del Pentagono tale Andrew Marshall, 82 anni, soprannome, come il maestro Jedi di Guerre stellari, capo dell'Office of Net Assessment, uno di quegli esperti i cui pronunciamenti hanno sempre avuto una grande influenza sulle strategie della difesa. Marshall ha incaricato di redigere il rapporto Peter Schwartz e Doug Randall, del think tank californiano Global Business Network. Schwartz, consulente della Cia, già capo della pianificazione del gruppo petrolifero Royal Dutch/Shell, è uno dei più stimati futurologhi americani, collabora con Steven Spielberg per Minority Report e autore di Inevitable Surprises: Thinking Ahead in a Time of Turbulence. Il rapporto, si concentra sugli scenari ambientali e geopolitici che potebbero derivare dal nuovo scenario climatico, e su quali saranno le conseguenze per gli Stati Uniti. Schwartz e Randall, oltre a consultare l'immensa bibliografia sui cambiamenti climatici, hanno parlato con diversi scienziati, pregandoli di raccontare tutto quello che sanno, anche ciò che evitano di esprimere in pubblico.
Non si tratta, dunque, di un documento scientifico,del tipo di quelli redatti dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)(premiato insieme ad Al Gore), più volte messi in discussione dallo stesso governo statunitense, ma di dati e prospettive che nascono in seno all'amministrazione politico militare economica degli Stati Uniti.
Il rapporto sembra sia stato redatto non tanto per spirito altruistico ma per studiare quali potranno essere le misure di difesa nazionale necessarie a contrastare
il prevedibile afflusso di decine di milioni di rifugiati ambientali e assicurare una egoistica sopravvivenza agli USA.
Il rapporto si può scaricare e leggere nella sua interezza da qui http://www.antersass.it/frontedellacultura/Pentagon_Report.pdf
Si vedrà come in fondo il teorema di al Gore sia molto ottimistico in confronto.
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